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    HACHIKO - IL TUO MIGLIORE AMICO: UN NUOVO DRAMMA PER RICHARD GERE E JOAN ALLEN. MA QUESTA VOLTA IL PROTAGONISTA E' UN CANE DI RAZZA AKITA. IL RIADATTAMENTO AMERICANO DI UNA STORIA ENTRATA A FAR PARTE DEL FOLKLORE GIAPPONESE FIN DAI PRIMI ANNI TRENTA

    RITORNO AL CINEMA SOLO PER UN GIORNO: il 13 Dicembre 2022 - Dal IV. Roma Film Fest - In DVD, DVD + Libro e in BLU-RAY: Dal 5 MAGGIO 2010

    "E’ una piccola storia. La vera sfida che pone è quella di riuscire a non cadere nel sentimentalismo. Richard tende a definirla una favola, ma io la vedo più come una storia dolceamara. Un genere con il quale mi sento a mio agio. Per me è il modo più fedele di descrivere il mondo, pieno di drammi e nello stesso tempo comico".
    Il regista Lasse Hallström

    "Quando l’ho letto una seconda volta mi sono commosso di nuovo. Credo che in questo film vi sia qualcosa di fortemente simbolico e misterioso, pur essendo solo la storia di un cane che aspetta. C’è qualcosa nella nostra sensibilità che ci fa emozionare di fronte a questa vicenda. Quel senso di lealtà, quel ‘ci sarò sempre per te’. È una cosa molto profonda".
    L'attore Richard Gere

    (Hachiko: A Dog's Story USA 2008; drammatico; 93'; Produz.: Inferno Distribution/Shochiku Kinema Kenkyû-jo; Distribuz.: Lucky Red)

    Locandina italiana Hachiko - Il tuo migliore amico

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    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Hachiko - Il tuo migliore amico

    Titolo in lingua originale: Hachiko: A Dog's Story

    Anno di produzione: 2009

    Anno di uscita: 2022

    Regia: Lasse Hallström

    Sceneggiatura: Stephen P. Lindsey

    Soggetto: Hachiko, A Dog’s Story è il riadattamento americano di un famoso racconto giapponese ispirato a una vicenda vera (Vedi Sinossi).

    PRELIMINARIA - UNA STORIA VERA:

    Nel 1924 Hachikō venne portato a Tokyo dal suo padrone, Hidesamurō Uyeno, un professore della facoltà di agraria dell’università di Tokyo. Durante la vita del suo padrone, Hachikō lo salutava sulla porta di casa e gli andava incontro alla fine della giornata aspettandolo alla vicina Stazione Shibuya. Questa routine quotidiana andò avanti fino ad una sera del maggio 1925, quando Uyeno non fece ritorno con il solito treno. Quel giorno il professore aveva avuto un ictus. Morì e non tornò mai alla stazione dove il suo amico lo stava aspettando.
    Dopo la morte del suo padrone, Hachiko venne dato via, ma scappava regolarmente per tornare alla sua vecchia casa. Dopo qualche tempo, Hachi si rese conto che il professor Uyeno non viveva più lì, così andò a cercare il suo padrone alla stazione dei treni, dove lo aveva accompagnato così tante volte in passato. Ogni giorno Hachiko attese il ritorno di Uyeno. E ogni giorno il suo amico non era tra i pendolari.
    La regolare presenza di Hachiko alla stazione attirò l’attenzione dei viaggiatori. In molti avevano visto Hachi e il professor Uyeno insieme ogni giorno. Rendendosi conto che Hachiko attendeva vigile il suo padrone ormai morto, ne furono commossi.
    Iniziarono a portargli regali e cibo perché si nutrisse durante l’attesa.
    La cosa andò avanti per 10 anni, con Hachikō che appariva solo di sera, all’ora precisa in cui il treno era atteso in stazione.
    Quello stesso anno, un ex studente di Uyeno (che era diventato un esperto in cani akita) vide il cane alla stazione e lo seguì a casa Kobayashi, dove venne a sapere la storia della vita di Hachikō. Poco dopo quest’incontro, l’ex studente pubblicò un documentato censimento degli akita in Giappone. Dalla sua ricerca emerse che erano rimasti nel Paese solo 30 akita di razza pura, compreso Hachikō alla stazione Shibuya.
    L’ex studente di Uyeno tornò spesso a trovare il cane e nel corso degli anni pubblicò diversi articoli sulla straordinaria fedeltà di Hachikō. Nel 1932 uno di questi articoli, pubblicato nel più importante quotidiano di Tokyo, portò il cane alla ribalta nazionale. Hachikō divenne famoso in tutto il Paese.
    La fedeltà al ricordo del suo padrone impressionò i giapponesi che lo videro come un simbolo dello spirito di fedeltà alla famiglia che tutti avrebbero dovuto avere. Insegnanti e genitori usarono l’attesa di Hachikō come esempio per i bambini. Un famoso artista giapponese realizzò una scultura del cane e, in tutto il Paese, si diffuse un rinnovato interesse per la razza akita.
    Nell’aprile 1934 una statua di bronzo con la sua immagine venne eretta alla stazione Shibuya, e lo stesso Hachikō presenziò alla sua inaugurazione (Hachikō morì l’8 marzo 1935). La statua venne poi fusa durante lo sforzo bellico della Seconda Guerra Mondiale. Dopo la guerra, Hachikō non venne dimenticato. Nel 1948 la Società per la Ricostruzione della Statua di Hachikō commissionò a Takeshi Ando, figlio dell’artista originario che nel frattempo era morto, la realizzazione di una seconda statua. La nuova venne eretta nell’agosto del 1948, e oggi è un luogo d’incontro estremamente popolare. L’entrata della stazione dove è collocata la statua viene chiamata "Hachikō-guchi", che significa "Uscita Hachikō†, ed è una delle cinque uscite della Stazione Shibuya.
    Una statua simile si trova nella città dove viveva Hachikō, davanti alla stazione Odate. Nel 2004, una nuova statua di Hachikō è stata eretta sul piedistallo originale in pietra di Shibuya davanti all’Akita Dog Museum di Odate.
    Nel 1987 il film Hachikō Monogatari ha raccontato la storia della vita di questo cane, dalla nascita fino alla sua morte e all’immaginaria riunione con il suo padrone, il professore.
    Il film è stato l’ultimo grande successo degli studios giapponesi Shochiku Kinema Kenkyû-jo.

    HACHI, PIU' CHE UN NOME UNO SPICCHIO DI INFINITO CHE COLLEGA IL CIELO ALLA TERRA:

    Cary-Hiroyuki Tagawa (Ken) comprende pienamente la dedizione di Hachi e dice “Metaforicamente, aspetto l’umanità alla stazione dei treni. Attendo con ansia il risveglio del pianetaâ€. In una scena densa di significato, il personaggio di Tagawa, Ken, scopre il numero otto inciso sul collare del cucciolo akita. Ken (Tagawa) dice a Parker (Gere) che la parola giapponese per dire otto è “hachi†e che in Giappone questa parola ha il significato simbolico di mettere in collegamento “il piano materiale e quello spiritualeâ€, si traduce come “raggiungere in alto il cielo toccando in basso la terraâ€. E’ anche il simbolo dell’infinito, che traccia una forma che fluisce senza fine e nella quale è impossibile distinguere l’inizio dalla fine; ecco a cosa somiglia la devozione di Hachiko. L’esempio di amore che dà questo cane parte dal cielo e arriva sulla terra.

    Cast: Richard Gere (Prof. Parker Wilson)
    Joan Allen (Cate Wilson)
    Sarah Roemer (Andy)
    Jason Alexander (Carl)
    Cary-Hiroyuki Tagawa (Ken)
    Erick Avari (Jasjeet)
    Davenia McFadden (Mary Anne)
    Robbie Collier - Sublett (Michael)
    Kevin DeCoste (Ronnie)
    Desiree April Connolly (pendolare del treno)
    Robert Capron (Studente)
    Tora Hallstrom (Heather)
    Gloria Crist (Pendolare)

    Musica: Liz A. P. Kaczmarek (Liz Gallacher, supervisore alle musiche)

    Costumi: Deborah Newhall

    Scenografia: Chad Detwiller

    Fotografia: Ron Fortunato

    Montaggio: Kristina Boden

    Casting: Rick Montgomery

    Scheda film aggiornata al: 14 Dicembre 2022

    Sinossi:

    IN BREVE:

    E' la storia di Hachi, un cane di razza Akita, e dell’amicizia speciale con il suo padrone. Ogni giorno Hachi accompagna il professor Parker (Richard Gere) alla stazione e lo aspetta al suo ritorno per dargli il benvenuto.

    IN ALTRE PAROLE:

    Hachiko, A Dog's Story, emozionante riadattamento americano di un famoso racconto giapponese ispirato a una vicenda vera, è la storia di Hachi, un cane di razza Akita, e dell'amicizia speciale con il suo padrone. Ogni giorno Hachi accompagna il professor Parker (Richard Gere) alla stazione e lo aspetta al suo ritorno per dargli il benvenuto. L'emozionante e complessa natura di ciò che accade quando questa routine viene bruscamente interrotta rende la storia di Hachi una favola per tutte le età. L'assoluta dedizione di un cane nei confronti del suo padrone ci mostra lo straordinario potere dei sentimenti e come anche il più semplice fra i gesti possa diventare la più grande manifestazione di affetto mai ricevuta. Lasse Hallstrom e Richard Gere hanno già girato assieme il film The Hoax- l'imbroglio presentato al primo Festival di Roma.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    UNA STORIA SPIRITUALE DI ASCENDENZA BUDDISTA, CUI RICHARD GERE ADERISCE COME LA CILIEGINA SULLA TORTA, RIUSCENDO A FARCI DIMENTICARE LA SUA ‘FORZATA’ PERFORMANCE IN ‘AMELIA’, PARALLELA A QUESTA. IN ‘HACHIKO’ AL CONTRARIO, GERE HA TROVATO IL SUO HABITAT NATURALE, SEMPLICE E NOBILE AL PUNTO DA RIUSCIRE A CONDIVIDERE, IN UNA SORTA DI OSMOSI, IL PROTAGONISMO ASSOLUTO DI TUTTI GLI HACHI, I CANI DI RAZZA AKITA CHE HANNO INTERPRETATO LE VARIE ETA’ DELL’ANIMALE RIEVOCATO DALLE REMOTE MEMORIE DEGLI ANNI TRENTA NEL LONTANO GIAPPONE. MA GERE HA SERVITO EGREGIAMENTE QUESTA PICCOLA STORIA FACENDOSI ANCHE MOLTO SPESSO DA PARTE PER CEDERE INDIMENTICABILI PRIMISSIMI PIANI AI SUOI VARI, IRRESISTIBILI HACHI, EMBLEMA DI UN GENERE DI FEDELTA’ E DI INCONDIZIONATO AMORE, INIMMAGINABILI PER L’ESSERE UMANO. PROTAGONISMO ASSOLUTO CHE PER LO SPETTATORE SI TRADUCE IN AMORE A PRIMA VISTA FIN DALLE PRIME SEQUENZE, RIMARCATO A DOVERE DAL REGISTA HALLSTRÖM NELLE SOGGETTIVE MULTIPLE DEL CANE IN

    UN BIANCO E NERO ‘SGRANATO’ E SOFFUSO. NON ULTIMO POI, TRA I PREGI DI QUESTO RACCONTO INTIMISTA, LA RIAFFERMAZIONE DI VALORI ANTICHI CHE SI SONO PERDUTI NELLA NOTTE DEI TEMPI: PER LA STRADA DEGLI SVARIATI TRISTI CAPITOLI SCRITTI AI NOSTRI GIORNI CON L’EGOISMO, L’ISOLAMENTO E IL CINISMO CHE CI CONTRADDISTINGUONO. COSI’, UN’UMILE STORIA COME QUESTA, CHE NON HA NULLA DI TRASCENDENTALE E CHE SCARTA DEL TUTTO DAGLI EFFETTI SPECIALI, SI CARICA DI UN VALORE CHE VA BEN OLTRE LA FRANGIA NATALIZIA

    Se la critica non si è sperticata in apprezzamenti di particolare rilievo per questo Hachiko – Il tuo migliore amico diretto dallo svedese Lasse Hallström una ragione c’è: non l’ha capito. Mi direte: ‘che cosa c’è da capire in una storia così piccola, semplice e lineare da esser scambiata per un film da ragazzi o, nella migliore delle ipotesi, per famiglie’? C’è molto, a chi sa cercare e sa

    vedere bene. Ma occorre saper andare oltre. Oltre la pellicola superficiale della prima lettura per aprirsi alle parole non dette eppure ugualmente ben ventilate tra le righe. Parole non dette perché è di spiritualità che si tratta. E questo non sorprende affatto se si considera che questa storia affonda le radici negli anni Trenta, in una terra come il Giappone detentore di una cultura abbastanza distante dalla nostra. Non è difatti un caso che appena dopo poche sequenze, a dominare il grande schermo sia un monaco buddista, catturato nell’atto di ingabbiare un cucciolo di cane Akita per spedirlo via ferroviaria. Non si tratta di una sequenza gratuita, né di un vezzo in omaggio ad un fedele osservante come il co-protagonista Richard Gere che interpreta il suo, per così dire, ‘padrone per caso’. Caso peraltro solo apparente. No, niente di tutto questo, si tratta dell’anima del film, del codice fondamentale per

    capire a fondo l’anima di Hachiko, quel cane che, nella realtà, ha ben meritato il monumento con la statua in bronzo nella piazza della stazione Shibuya di Tokyo in Giappone, monumento che verrebbe la voglia di visitare per potersi inchinare di fronte ad una nobiltà d’animo che l’essere umano può solo sognarsi. E come tutti ben sanno, la spiritualità buddista non esclude di certo gli animali, anzi, ne fa un pilastro tutt’altro che secondario nel progetto cosmico divino che unisce il cielo alla terra: spiritualità che nella professione di Fede cristiana può trovare un pallido ma affine riflesso solo con San Francesco di Assisi. Senza questo codice che viene offerto allo spettatore agli albori di questa piccola storia, non esiste una chiave di accesso che ci faccia arrivare al cuore dei protagonisti e della vicenda. Se invece ci si appropria di questo codice ci accorge presto che non siamo catturati

    solo dalla comune tenerezza sollecitata da un cane - fermo restando che il primo incontro tra il piccolo Hachi e lo spettatore è amore a prima vista, ve lo posso assicurare - non siamo assorbiti da un racconto che in apparenza potrebbe esser superficialmente liquidato come romanticamente strappalacrime, ma ci riscopriamo sorpresi di come, senza il ricorso ad artificio alcuno, Hallström abbia compiuto con la macchina da presa un piccolo miracolo: si è pazientemente adoperato in ogni modo possibile - e le innumerevoli soggettive nel bianco e nero sfumato e sgranato non sono che uno - per riuscire a filmare la ‘spiritualità’ dell’animale, o meglio, di tutti i cani akita che qui sono stati chiamati in causa per interpretare il mitico personaggio Hachi. Un personaggio con una sua morale, oseremmo dire, una sua Fede e dei valori di vita personali, così ferrei e preziosi da costituire un’eredità per le

    future generazioni: è difatti il nipote del professor Parker Wilson (Gere), il proprietario del cane, a raccogliere e trasmettere ai compagni di classe quella indimenticabile lezione.

    Tutta la pellicola del resto, non manca di rimarcare i tratti di una spiritualità sottesa, persino attraverso l’origine del nome Hachiko, derivato dal numero otto - in giapponese ‘Hachi’ - inciso sul collare del cucciolo Akita che, per l’appunto, in Giappone è una parola cui si dà il significato simbolico di mettere in collegamento il piano materiale con quello spirituale. Ovvio che Richard Gere in un contesto del genere abbia trovato il suo habitat naturale, recuperando tutto il terreno perduto con la sua ‘forzata’ e stucchevolmente patinata performance nell’Amelia di Mira Nair. L’intimismo spirituale di Hachiko sembra avergli giovato davvero molto, dando l’impressione di trovarsi a casa propria, anziché sul set di un film, tanto è naturalmente a suo agio, in una sorta di

    osmosi con questi cani akita, cui cede peraltro volentieri il passo, pur ben sapendo di competere con chi, senza proferire parola alcuna, è perfettamente in grado di rubargli la scena. Vederli insieme, cane e padrone, due amici per la pelle, attraverso la lente della macchina da presa di Hallstrom, volutamente ruffiana nel mostrare l’intima natura del loro rapporto, è pura poesia.

    Ma è poi un altro messaggio importante a trapelare da questa pellicola, e ci giunge da quel manipolo di gente comune che popola quella piccola stazione: quella ‘piccola famiglia’ costituita dal venditore ambulante di hot dog e caffé, dalla proprietaria della libreria ecc., testimoni della ordinaria e pur intensa quotidianità di un legame affettivo ‘spettacolare’ proprio nella sua semplice, ma autentica profondità, davvero unica. Quel genere di solidarietà che si allarga a tutti coloro che a vario titolo, vogliono contribuire alla sopravvivenza di Hachiko, rimasto orfano del suo padrone, una

    volta venuti a conoscenza della sua scelta di vita in stazione nell’attesa di potersi ricongiungere, in un modo o nell’altro, con chi, fin da piccolo, aveva scelto per amico. L’incanto spirituale sul finale è tanto prevedibile quanto sfumato nel modo più opportuno nella mente e nell’anima del nostro ormai canuto protagonista canino.

    Beh, che dire, non voglio aggiungere altro, né tanto meno pontificare avvertimenti di sorta, magari solo uno: non dimenticate a casa i fazzoletti.

    Commenti dei protagonisti:

    RICHARD GERE (Prof. Parker Wilson) Il suo è un personaggio 'predestinato':

    "... è un ’predestinato’. Il rapporto che ha con il cane è basato su un legame totalmente irrazionale. Parker è tanto leale con Hachiko quanto il cane lo è con lui".

    E sui cani akita che interpretano Hachiko:

    "Sono cani che non puoi comprare con le coccole, sono loro che decidono se amarti oppure no. Gli addestratori erano molto in ansia per il mio incontro con i cani, perché questa razza prende la sua decisione immediatamente e se non gli piaci subito non c’è più niente da fare. La realizzazione del film è stata molto lunga, e molto è dipeso dal mio rapporto con i cani. Avevo quasi paura a coccolarli".

    CARY-HIROYUKI TAGAWA (Ken, il miglior amico e collega di Parker all’università) GERE è l'interprete ideale per Parker:

    "... (per) il suo amore per gli animali e la natura, e soprattutto a causa del suo legame con il buddhismo tibetano e la sua ricerca di pace, quel genere di cose che per i giapponesi sono molto importanti".

    Da giapponese a giapponese, sui cani akita:

    "... sono molto giapponesi, in quanto non sono eccessivamente affettuosi, né eccessivamente espressivi, ma hanno una grande capacità di concentrarsi e un grande intuito, e questo lo dico da giapponese. Gli akita, a differenza della maggior parte dei cani, hanno un’anima saggia".

    JASON ALEXANDER (Carl):

    "Gli animali si sacrificano per amore, possiedono una nobiltà d’animo che troppo spesso manca agli esseri umani. La storia di Hachiko è importante perché contiene una lezione profonda, senza essere severa. E’ una piccola storia con molte sfumature ed è pertanto sofisticata nella sua semplicità. Questo cane non ha una vita straordinaria, Parker non conduce una vita straordinaria. Quest’uomo incontra un cane e gli dà semplicemente il suo affetto, e il cane lo ricambia. Non salva la sua vita e non tira fuori nessuno da un’auto in fiamme. Non c’è alcun atto eroico. Non ci sono momenti sensazionali. E’ solo ‘Ti ho trovato. Ti tengo con me. E ti do il mio affetto in modo vero, senza forzature’. Adesso nella mia vita, questa cosa mi tocca molto profondamente".

    JOAN ALLEN (Cate Wilson):

    "Viviamo in un mondo in cui tutto si muove rapidamente e, più invecchiamo, più velocemente il tempo passa. E ci affanniamo per cercare di star dietro a tutto ma non c’è mai abbastanza tempo. Bisogna sempre andare avanti. Credo che sia proprio questa la grande lezione di questo film: bisogna fermarsi, fare un passo indietro per stare accanto alle persone che amiamo. Non tutto e’ ‘usa e getta’, anche se viviamo in una società in cui ogni cosa sembra esserlo. Questa è la storia di qualcosa che dura a lungo. Questo cane meraviglioso non molla, nell’attesa di qualcuno che ama. E’ una lezione fondamentale che chiunque dovrebbe ascoltare e cercare di applicare. E’ qualcosa che va 'oltre le parole', che si sente in fondo al cuore. La sensazione che non vi siano né un inizio né una fine per questo amore, che il desiderio struggente che sentiamo dentro di noi è qualcosa che riempie l’universo, e c’è qualcosa in storie come questa in grado di cogliere con semplicità questa lezione universale, che non ha bisogno di descrizioni".

    Altre voci dal set:

    Il produttore BILL JOHNSON:

    "Quando ho letto la sceneggiatura ho sentito immediatamente la forza del messaggio che avrebbe potuto trasmettere ad un’enorme massa di persone, un messaggio di lealtà, impegno e di amore incondizionato".

    Bibliografia:

    Ogni scena è stata documentata con una spiegazione di come gli addestratori abbiano ottenuto dagli animali ciascun comportamento, e poi è stata messa sul sito web www.americanhumane.org.
    La AHA (American Human Association) ha certificato che “Nessun animale ha subito maltrattamenti per la realizzazione di questo filmâ€.

    Pressbook:

    PRESSBOOK Completo in ITALIANO di HACHIKO

    Links:

    • Lasse Hallström (Regista)

    • Richard Gere

    • Joan Allen

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