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    'RENDITION-DETENZIONE ILLEGALE': IL VOLTO ESASPERATO DELL'AMERICA POST 11 SETTEMBRE INCASTONATO NEL PROFONDO SPACCATO UMANO E IDEOLOGICO CHE CONDUCE DRITTO VERSO ALCUNE RADICI PORTANTI DEL TERRORISMO ISLAMICO

    Dalla Dalla II. Festa del Cinema di Roma

    (Rendition USA 2007; Thriller; 122'; Produz.: Anonymous Content/Dune Films/Level 1 Entertainment/MID Foundation/New Line Cinema; Distribuz.: New Line Cinema)

    Locandina italiana Rendition-Detenzione illegale

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    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Rendition-Detenzione illegale

    Titolo in lingua originale: Rendition

    Anno di produzione: 2007

    Anno di uscita: 2007

    Regia: Gavin Hood

    Sceneggiatura: Kelley Sane

    Cast: Reese Witherspoon (Isabella El-Ibrahimi)
    Jake Gyllenhaal (Douglas Freeman)
    Meryl Streep (Corrine Whitman)
    Alan Arkin (Senatore Hawkins)
    Omar Metwally (Anwar El-Ibrahimi)
    Aramis Knight (Jeremy El-Ibrahimi)
    Rosie Malek-Yonan (Nuru El-Ibrahimi)
    Moa Khouas (Khalid)
    Zineb Oukach (Fatima Fawal)
    Yigal Naor (Abasi Fawal)
    Laila Mrabti (Lina Fawal)
    David Fabrizio (William Dixon)
    Mounir Margoum (Rani)
    Driss Roukhe (Bahi)
    J.K. Simmons (Lee Mayer)
    Cast completo

    Musica: Paul Hepker, Mark Kilian

    Costumi: Michael Wilkinson

    Scenografia: Barry Robison

    Fotografia: Dion Beebe

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    Come puoi difenderti quando il nemico è il tuo paese?
    Un ingegnere egiziano sospettato di terrorismo scompare misteriosamente tornando dal Sud Africa. Sua moglie, Reese Whiterspoon, e un analista della Cia, Jake Gyllenhaal, su fronti diversi cercano di ottenere il suo rilascio dalla cosiddetta 'Rendition'. Con questo termine si intende la 'consegna straordinaria' ossia il provvedimento con cui il governo degli Stati Uniti autorizza il trasferimento dei sospetti terroristi in prigioni al di fuori del territorio nazionale.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    UN GRAN BEL FILM NELLA SUA PLURIMA E SFACCETTATA DRAMMATICITA’, NECESSARIO E IRRINUNCIABILE. ECCO UN ALTRO SPACCATO IN CUI L’AMERICA SI CONFESSA E SI AUTODENUNCIA PER POI RISCATTARSI NELL’ANNOSO SCENARIO DEL TERRORISMO ISLAMICO ALL’INDOMANI DELL’11 SETTEMBRE, QUANDO ANCHE I FANTASMI PIU’ IMPROBABILI PRENDONO CORPO E OGNI MEZZO DIVENTA LEGITTIMO PUR DI AVERE L’ILLUSIONE DI SCONFIGGERE IL NEMICO, ORA VISTO IN OGNI DOVE, CON NOTEVOLE PERDITA DI REALISTICA OBIETTIVITA’. DI CONTRO ‘A PROSPETTIVE PER UN DELITTO’ PERO’, QUI IL RISCATTO STATUNITENSE E’ DEL TUTTO PLAUSIBILE E AFFINE CONCETTUALMENTE A QUELLO INSINUATO IN ‘LEONI PER AGNELLI’ DA ROBERT REDFORD, SULL’ONDA DI UNA MAGGIOR FIDUCIA ACCORDATA AL BUON SENSO DELLE NUOVE GENERAZIONI. CON GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA DIVERSITA’ VISTI ANCHE SUL PIANO UMANO, OLTRE CHE POLITICO, ‘RENDITION’ MANTIENE ANCHE UNA COSTANTE E PROFONDA DUALITA’ DI VISIONE: DEL VERSANTE TERRORISTA, MOSSO DA UNA SORTA DI SPIAZZANTE PSEDO-FEDE E QUELLO STATUNITENSE, BIFORCATO NELLA VECCHIA GUARDIA

    DI CONTRODIFESA, ASSOLUTAMENTE CONVINTA DEI SUOI METODI ‘FORCAIOLI’ PER RESTITUIRE PAN PER FOCACCIA (DA CUI OCCHIEGGIA UNA SPIETATA QUANTO SUPERLATIVA MERYL STREEP) E NELLA NUOVA, PARADOSSALMENTE MENO AVVENTATA E PIU’ SAGGIA, INTERPRETATA EGREGIAMENTE DAL PROFONDO DEL SUO INTENSO CARICO INTROSPETTIVO, DA JAKE GYLLENHAAL.

    Rendition-Detenzione illegale si direbbe un film straordinariamente necessario, oltre che ben fatto, che induce a riflettere a fondo, oltre che istruire su una drammatica realtà vigente, cercando di respirarla da entrambi gli opposti versanti di una secolare contrapposizione etnico-culturale, sfociata da sempre in una guerra che trascende epoche e confini, senza fine e senza tempo, tra Oriente e Occidente. Operazione concettualmente analoga a quanto realizzato da Clint Eastwood con Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima (2006), concedendosi il lusso di farne due film distinti. Rendtion-Detenzione illegale conserva invece in un unico contesto un’analoga, costante, dualità di visione: quella dei giovani protagonisti di attentati terroristici

    e quella di chi li subisce, non senza rispondere, in eguale violenta misura, e lo fa, così come Eastwood dal canto suo, lasciando camminare in parallela sinergia il lato umano e quello politico militare militante.
    Non si sa poi se si tratta di una coincidenza o di un fatto voluto che Prospettive di un delitto di Pete Travis (Omagh, 2004) e Rendition-Detenzione illegale di Gavin Hood (Tsotsi, 2005), già presentato alla IIa edizione di Cinema Festa Internazioale di Roma (2007), abbiano avuto lo stesso giorno di uscita nelle sale cinematografiche italiane. Fatto sta che, pur essendo film completamente diversi, hanno in comune il devastato spirito dell’America di oggi all’indomani dell’11 settembre, alle prese con l’ombra nera del terrorismo di marca islamica, e con gli effetti collaterali di un terrore interno che, se più che giustificato, sortisce inesorabilmente nella drammatica perdita di obiettività, lasciandosi andare ad un’ottica saldamente svincolata da una

    valutazione seria e ponderata a dovere, per non rischiare di essere vittime delle proprie paure e/o di connessi fantasmi. L’assunto è sempre lo stesso: la violenza genera violenza, l’odio genera altro odio e la sperata soluzione dei problemi cavalcata sull’onda della reciproca prevaricazione porta inevitabilmente alla disfatta, caricata anche del sangue di vittime innocenti.
    Con l’autodenuncia dell’incapacità di fondo statunitense ad individuare le mele davvero marce nel grande canestro della multienica popolazione a stelle e strisce e a sopperire a questa grave mancanza con violenze gratuite esasperate e qui appuntate su torture degne del target talebano, anche in Rendition (‘Consegna straordinaria’) è presente il riscatto statunitense, ma è senza dubbio meno hollywoodiano di quello esibito in Prospettive di un delitto. Oltre che avanzato in maniera più discreta e intelligente, qui si tratta di un riscatto in qualche modo possibile, plausibile, perché incarnato da un protagonista delle nuove generazioni. Discorso questo, che

    suona affine, per certi versi, a quanto pontificato da Robert Redford con il suo recente Lions for Lambs (Leoni per agnelli, 2007). In Rendition-Detenzione illegale è l’analista CIA Douglas Freeman (l’intenso Jake Gyllenhaal dal profondo delle sue introspettive elucubrazioni non di rado in totale silenzio), il nuovo soppraggiunto - quasi per caso, essendo morto il collega che avrebbe dovuto essere al posto suo - all’interno di un ingranaggio di sicurezza di vecchia data. Ingranaggio che, ferito e lacerato a fondo dall’attentato degli attentati dell’11 settembre, preferisce porsi ora barbaramente sulla difensiva, accordando fiducia piena a metodi a dir poco medievali, e dare corpo a visioni ammiccanti a minacce solo potenziali, continuando dunque a compiere errori di valutazione imperdonabili, negando anche l’evidenza. Così capita che restino impuniti i veri ‘colpevoli’ e che si portino sull’orlo del baratro un padre di famiglia di origine egiziana con moglie (Reese Whiterspoon) e figlio a

    carico e un altro in arrivo, sradicato senza preavviso né sufficienti motivazioni e prove fondate a suo carico, sull’onda del solo sospetto e di indizi poco probanti.
    A guardare quel che succede al malcapitato sembra di leggere un romanzo fantasy-horror ma a renderlo convincente e motivato nell’assurdo, ci sono star del calibro di Meryl Streep, la dirigente CIA Corinne Whitman, questa volta impietosamente dalla parte dei cattivi, e pur superlativa come sempre nel bene e nel male.
    Ma ancor più devastante per l’osservatore, in tutta questa storia, oltre al risvolto umano che guarda alla diversità come un serio problema anche per giovani coppie, per la formazione di famiglie con componenti di differente estrazione razziale e culturale, è giungere ad un passo dal nervo scoperto, alla radice di quel che muove un attentato terroristico. Elemento messo splendidamente in luce da una scenggiatura puntuale e incisiva che sa arrivare dritta al cuore del

    problema: il discorso del capo di un gruppo di adepti terroristi rende bene l’idea ed è davvero sconfortante. E si scopre così, fino a toccarla con mano, a sentirla palpabile come non mai, la terribile fusione in un unico diktat di motivi politici con quelli strettamente religiosi. Ne nasce un unico assoluto Credo, che assume le ‘sensuali’ e irresistibile sembianze di una Fede oltremodo eroico-salvifica, veicolo elettivo per la salvezza dell’anima e dell’umanità intera: una vera e propria onorevolissima missione cui non ci si può sottrarre. Quale concreta speranza può esistere per uscire fuori da tutto questo? Il film l’appunta sulla genuinità delle nuove generazioni: il temerario coraggio del protagonista Gyllenhaal e il giovane padre egiziano che ha visto contemporaneamente due volti opposti di una stessa America: quella cieca capace di torturare al punto da estorcere qualsiasi confessione, e quella in grado di fermarsi a riflettere e di mettersi in

    discussione prima di sferrare il suo colpo mortale. Un gran bel film, necessario e irrinunciabile.

    Links:

    • Gavin Hood (Regista)

    • Meryl Streep

    • Jake Gyllenhaal

    • Peter Sarsgaard

    • Alan Arkin

    • Omar Metwally

    • J.K. Simmons

    • Reese Witherspoon

    • PRINCE OF PERSIA-LE SABBIE DEL TEMPO - INTERVISTA IN ANTEPRIMA all'attore protagonista JAKE GYLLENHAAL (Interviste)

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