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    Racconti ideali per il grande schermo: MISTERIOSO OMICIDIO DI LA' D'ARNO' di PAOLA ALBERTI

    Soggetto liberamente ispirato a Manhattan Murder Mystery (Misterioso omicidio a Manhattan, 1993) di WOODY ALLEN

    15/05/2006 - MISTERIOSO OMICIDIO DI LA' D'ARNO di PAOLA ALBERTI (giornalista e scrittrice di gialli e noir)

    - Tira, tira! Ma che hai nella testa oggi? -. I passi di Luca risuonavano sulla tavola di legno dell’impalcatura, su all’ultimo piano.
    Il sole di giugno entrava prepotentemente dalle portefinestre del soggiorno, dove Gianna si preparava per il suo ultimo esame, Filosofia del diritto. Abbassò le serrande per non sentire quel vociare continuo, avendo cura di lasciare tra una stecca e l’altra abbastanza spazio da poter far entrare un po’ della luce di quel sole di giugno, insolente. Erano ormai venti giorni che lavoravano alla ristrutturazione della facciata del palazzo. I cornicioni antichi sembravano aver ripreso l’originario color avorio e un bel giallo ocra regalava a tutto il palazzo un aspetto nuovo. Ma Gianna non ne poteva più, da troppi giorni ormai era come prigioniera in casa sua, costretta a tenere le serrande delle finestre costantemente abbassate per non vivere in comunione con gli operai che passavano e ripassavano sulle impalcature, gridando e facendo un rumore infernale. Il suo ultimo esame era decisamente a rischio, se non riusciva a concentrarsi.
    Non poteva negare, certo, che quella curiosità che spesso la pizzicava come una zanzara la spingeva ad ascoltare i discorsi degli operai. Aveva imparato, verso le due del pomeriggio, durante la pausa per il pranzo, a rimanere seduta sulla grande poltrona dove di solito dormiva il gatto, dietro la serranda abbassata della prima portafinestra del soggiorno.
    Tra una stecca abbassata e l’altra guardava dove si sedevano gli operai per mangiare. Sì, perché Luca – troppe volte aveva sentito gridare quel nome – e un altro, che tutti chiamavano Gigi, non scendevano dalle impalcature per mangiare. Appollaiati lassù, al quarto piano, tra un morso e l’altro ai panini, parlavano di tutto. Lei oramai seguiva come se fossero puntate di una telenovela le vicende della suocera di Luca, che troppo spesso capitava nella casa della figlia e pretendeva di dettar legge o del fratello di Gigi, che, ogni giorno, scommetteva sulle corse dei cavalli, chiedendo prestiti a tutti, persino al suo datore di lavoro.
    Quel giorno Gianna era più nervosa del solito, la notte precedente non aveva potuto dormire a causa della rinite allergica. Accidenti – ci mancava solo quello, i batuffoli bianchi, maledetti pollini, la tormentavano.
    Ad incuriosirla fu il timbro di voce decisamente più basso usato da Luca e da Gigi.
    Faceva quasi fatica ad ascoltare seduta sulla poltrona mentre accarezzava il gatto, per niente rassegnato al fatto che qualcuno, seppur la sua amata padrona, avesse occupato il suo territorio.
    - Ti dico che ho visto un’urna cineraria, sì, proprio come quelle dei film. No, la moglie non la vedo più da giorni… - Luca parlava in modo concitato
    - Vedi troppe porcherie alla televisione, ti friggono il cervello. Faresti meglio a fare un po’ di motocross con me, te l’ho detto tante volte - .
    - Piantala, Gigi! E fai il serio, per una volta. Qui, credi a me, sento puzza di delitto… -
    Luca aveva alzato leggermente il tono della voce.
    - Non farmi ridere! E chi sei, Sherlock Holmes? - sghignazzò Gigi.
    - Cretino, la signora Mallegni sono giorni che non si vede più e lui, il marito, lo incontro ogni mattina sempre pronto alla battuta -
    - Da quando scherzare è un reato? Dai retta a me, prenditi qualche giorno di riposo e…. -
    - Basta, stanno tornando gli altri, ne riparliamo stasera -
    Luca pose fine alla conversazione in modo drastico. Peccato, proprio ora che si faceva interessante, pensò Gianna.
    Un delitto non era, certo, cosa da tutti i giorni. Doveva subito chiamare il suo amico Luciano, lui sì che se ne intendeva di delitti, aveva anche vinto un premio letterario riservato ai giallisti.
    - Ma sì, ti dico che ho sentito chiaramente parlare di “urna cineraria”… Allora, vieni stasera a casa mia - Gianna aveva un tono concitato e incalzante mentre parlava con Luciano.
    - Va bene, vengo. Ma non ti montare la testa, parleremo solamente. Non pensare, neppure per un attimo, che ci trasformeremo in due investigatori. Non mi pare il caso… -
    Nel pomeriggio, però, Luciano non riuscì a resistere alle insistenze di Gianna e si ritrovò a scavalcare, insieme a lei, la piccola ringhiera che divideva il terrazzo in comune con l’appartamento della signora Mallegni, affacciato sulla riva sinistra dell’Arno.
    “Che a quelli che abitano di là d’Arno manchi un venerdì l’ho sempre saputo”, rimuginò tra sé Luciano.
    - Non c’è nessuno in casa della Mallegni, sono sicura - ripeteva Gianna stringendogli la mano - Entriamo dalla portafinestra, che tengono quasi sempre aperta -
    Certo non si poteva dire che nell’appartamento regnasse l’ordine. Non c’era una cosa al suo posto e, tantomeno l’urna cineraria, che troneggiava al centro del tavolo della cucina. L’entrata del gatto di Gianna, che con la consueta eleganza aveva oltrepassato la ringhiera, li gettò per un attimo nel panico. La ritirata fu immediata.
    - Che cosa vuoi che ti dica? D’accordo, c’è un’urna cineraria e c’è anche un notevole casino. E allora? Questo non dimostra un granché… - Luciano voleva andarsene.
    Il giorno successivo Gianna sentì distintamente, dalle serrande abbassate delle portefinestre del suo soggiorno, Luca che diceva a Gigi: - Stamani hanno portato via le ceneri della signora Mallegni. Ora avrai almeno capito che avevo ragione - .
    - Dai retta a me, te lo ripeto, vedi troppe porcherie alla televisione, ti friggono il cervello - Gigi sghignazzava.
    Gianna decise di suonare il campanello di casa Mallegni quella mattina stessa. Voleva chiarire quella storia dell’urna cineraria che, ormai, le aveva tolto il sonno.
    A casa Mallegni le aprì la porta una ragazza sorridente, con un paio d’occhiali da vista con la montatura nera appoggiati di traverso sul naso.
    - Salve sono Anna, la nipote della signora Mallegni. C’è qualcosa che posso fare per te? Intanto mi scuso subito perché, come vicina, in questi giorni, sono stata un disastro. Se hai sentito un gran casino è perché sto girando un film autoprodotto nell’appartamento di mia zia. La zia è andata nella sua casa di Viareggio, per qualche giorno, e così posso girare “Misterioso omicidio di là d’Arno”, il mio corto per partecipare al concorso dell’Istituto Cinematografico a Roma. E’ una specie di omaggio a Woody Allen, un grande, uno che ha capito tutto di cinema. Se vuoi venire a vedere girare qualcosa sei la benvenuta. Comunque, sappi che tra due giorni contiamo di aver finito. Così togliamo il disturbo -
    Investita da quel fiume di parole, Gianna si era un po’ vergognata di tutto quello che aveva pensato. Il minimo che poteva fare era accettare l’invito di quella ragazza. Fu così che si ritrovò a seguire in diretta, tra molte risate, e qualche bicchiere di aranciata, “Misterioso omicidio di là d’Arno”.
    Rientrando a casa dall’università, dopo aver preso al suo ultimo esame un bel trenta, si sedette nella poltrona del soggiorno, ridendo dei suoi sospetti dei giorni precedenti. A scuoterla dai suoi ripensamenti fu la voce di Luca sulle impalcature.
    - Che ti avevo detto, ora mi crederai, Gigi, finalmente. La signora Mallegni è morta e, se non mi credi, leggi qui, sul giornale di oggi -
    Gianna si irrigidì sulla poltrona, chiuse gli occhi per qualche secondo, poi si alzò e uscì a comprare il giornale all’edicola di fronte a casa. In un breve articolo sulla cronaca locale c’era scritto tutto. La signora Mallegni era morta d’infarto nella sua casa di Viareggio, mentre la nipote girava un film autoprodotto nell’appartamento della zia in città, a Pisa.
    Quella stessa sera Gianna pensò di suonare il campanello di casa Mallegni per fare le condoglianze alla nipote e – si capisce – dare una sbirciatina in giro, perché lei continuava a non vederci chiaro in quella faccenda.
    Aprì la porta Anna, indaffaratissima a portare via dall’appartamento una serie di oggetti, i più disparati, che erano stati utilizzati per le scene del film.
    - Ti ringrazio molto per essere venuta. La zia mi mancherà. Era malata di cuore. Non lo sapevi? Comunque lei non amava farlo sapere in giro. Senti, se vuoi fare un caffè per te e per me, mentre metto via tutta questa roba, vai pure in cucina -
    Gianna non se lo fece dire due volte, voleva vedere se c’era sempre l’urna cineraria. Guardò dappertutto in cucina, ma dell’urna non c’era traccia.
    Fu per caso che in un cassetto trovò del pentotal sodico, un tubicino, della soluzione salina e del paricromuro bromuro.
    “Cinque millilitri di pentotal sodico per dormire in pochi secondi, il tubicino lavato con venti millilitri di soluzione salina, poi cinquanta millilitri di paricromuro bromuro per paralizzare i muscoli e fermare il respiro e cinquanta millilitri di cloruro di potassio per arrestare il cuore”. La ricetta della morte era scritta in un foglietto, proprio lì, davanti ai suoi occhi.
    Primo piano sulla faccia di Gianna, spaventata - ciak 10 – “Misterioso omicidio di là d’Arno”. Azione.
    - E dai, Gianna, mettici un po’ più di pathos, dopotutto hai appena scoperto che la signora Mallegni non è morta d’infarto, ma è stata assassinata. La battuta è facile - .

    Nota per il lettore: Questo racconto fa parte del libro Il delitto si addice a Eva – con un omaggio ad Agatha Christie di Paola Alberti (Jaca Book-Il Grandevetro ed., 2° edizione, aprile 2003, pp. 77, € 8.00)





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